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LE RADICI NEL FOLKLORE

 

Tratto da " Jazz " di Arrigo Polillo

Edizione aggiornata a cura di: Franco Fayenz.

Oscar Saggi Mondadori, Ottobre 1997.

Carolina del sud 1856

" A mezzanotte fui svegliato da una sonora risata e, affacciatomi alla finstra, vidi una squadra di caricatori negri  che avevano acceso un fuoco e consumavano allegramente un pasto. A un tratto, uno di loro emise un suono come mai ne avevo sentito di eguali: un grido alto, lungo, musicale che saliva e scendeva, e si rompeva in falsetto; la sua voce risuonava attraverso i boschi, nella chiara gelida notte, come il richiamo di un corno da caccia”.

 

Fredrick Olmsted, A journey in the seabord slave states, Dix and Edwards, New York 1856.

 

(1)C’erano quattro milioni di schiavi neri nel nord america alla fine dell’ottocento. Pur privi di diritti e mal tollerati nelle loro usanze, i neri avevano vissuto troppo vicino ai bianchi perché non ci fosse reciproca contaminazione: trecento anni di rituali, passioni e idee avevano lasciato il segno nel nuovo mondo.
La rivelazione della vera fede ai barbari, aveva costituito a lungo una comoda giustificazione della schiavitù.  Fu così che i contatti maggiori avvennero proprio attraverso la religione.
Sembra che all’inizio del settecento i predicatori bianchi ingaggiassero dei neri per le rappresentazioni teatrali per i grandi incontri religiosi all’aperto. In quel periodo divenne famoso un pastore, noto come Black Harry, che scaldava l’uditorio con sermoni pieni di ritmo. Al posto delle vecchie, fredde prediche,
stava ora la vecchia intonazione africana, un ritmo pulsante e la tecnica detta “ lining out” per cui la folla radunata ripeteva ogni due o tre versi le parole del predicatore.
Era una eredità della chiesa inglese per affrontare una massa di fedeli analfabeti che non poteva leggere il libro delle preghiere, ma anche un riecheggiare della formula africana domanda-risposta.
La religione aveva sempre avuto un ruolo fondamentale nella cultura dei popoli africani, e anche di
coloro che si erano portati con se, nel nuovo mondo le antiche credenze. 
Fra queste c’era la convinzione che il Dio del vincitore dovesse essere rispettato perché più forte del proprio. “Per gente proveniente da un mondo cosiffatto, le attività religiose erano il campo di una considerevole attività potenziale e forza sociale. Non fu facile, all’inizio, trasformare gli schiavi in qualcosa che somigliasse ai “buoni cristiani” .
Il primo risultato fu comunque un ibrido tra paganesimo - ma il termine non è ovviamente esatto – e cristianesimo, fra usanze e riti africani e liturgia cristiana. Ne sono un esempio i ring shout (urlata in cerchio): i fedeli si prendevano per le braccia e si muovevano in circolo strisciando i piedi, lentamente…. Poi l’intensità emotiva cresceva sempre più e cantavano inni e salmodiavano non appena si muovevano.
Questo passo strisciato, da un lato riusciva a eludere le prescrizioni più rigide delle “tradizioni popolari bianche” cristiane e dall’altro sembra derivare dalle danze religiose africane esattamente della stessa natura.
Ai neri era stato insegnato che la musica profana e naturalmente anche la danza erano cose diaboliche. Persino il banjo, persino il violino per cui i neri eccellevano, erano strumenti del demonio, e devils song (canzoni del diavolo) o quantomeno sinful, (peccaminosi), erano i canti che per decenni erano risuonati nelle piantagioni. Non per nulla John Wesley, il fondatore della Chiesa Metodista, i cui inni avrebbero influenzato profondamente la musica dei neri, americani, aveva detto: “è un peccato che Satana debba avere tutte le migliori canzoni ”.
Work songs

In a  Texas Prisons

No more my lawd

Negro Work Songs & Laws

 

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