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CHICAGO E IL BLUES

 

Tratto da " Jazz " di Arrigo Polillo

Edizione aggiornata a cura di: Franco Fayenz.

Oscar Saggi Mondadori, Ottobre 1997.

“ Algiers, Louisiana 17 maggio 1917.
 
Signore, ho visto tempo fa nel “Chicago Defender” che avete bisogno di me per diversi lavori vorrei dire che posso portarvi tutti gli uomini che vi servono per fare ogni lavoro, e mandarli, vorrei venire anch’io. Posso raccomandarvi tutti gli uomini che porto per fare ogni genere di lavoro e vi daranno soddisfazione; Sono stato caposquadra per vent’anni e più capo di questi uomini in diversi lavori di macchina lavori di fabbro o mettere giù tubi o qualunque lavoro da fare…… Questa lettera, è una delle moltissime inviate negli anni della prima guerra mondiale dai poveri “uomini di colore” (questo scriveva da un sobborgo di New Orleans) agli agenti di collocamento che pubblicavano le loro inserzioni sul “Chicago Defender”, il più importante giornale per i neri, che rivolgeva appelli ai contadini del Sud perché venissero nella grande città dell’Illinois. Nel 1918 erano già 400.000 i neri che avevano lasciato gli stati meridionali. Quella che doveva essere una occasione per un futuro migliore si rivelò ben presto in tutta la durezza del ghetto come luogo di segregazione. “ To be blue” vedere tutto nero, l’origine della parola è incerta, quello che è certo invece e che il blues è una sensazione, un sentimento intimo in genere tradotto con malinconia alla quale corrisponde lo spleen (malinconia appunto) dei poeti. Lo shout (grido) e i canti africani a domanda e risposta ne dettarono la forma. Discende dalla figura del griot (poeta musicista), del narratore d’Africa, evocando la figura del trovatore della Provenza del XII e XIII secolo, il blues è la, non appena il nero parla a se stesso. Può raccontare la sua storia e la storia del suo popolo e dire ciò che vive. Il blues è una sensibilità, un’emozione espressiva ( feeling ) presente nella musica, nel canto e senza cui non succede niente. (Un po’ come avrebbe poi ripetuto una famosa canzone degli anni della swing-era ovvero “it don’t mean a thing if ain’t got that swing” e cioè non è niente se non è swing.) Il blues è una pulsazione che sottintende questa dialettica del ritmo che appunto lo swing; associazione dei contrari nella musica come nelle parole, blues come poesia, come arte, come passione, forza, corrente vitale che percorre il jazz e lo sostiene. Nel saggio intitolato “ Il Popolo del Blues” Amiri Baraka (Leroy Jones) in cui si occupa della sociologia degli afroamericani attraverso l’evoluzione del jazz parla di prima dell’avvento dei cantanti di blues classico del Blues come musica funzionale che prende vita dai worck song (canti di lavoro), che esisteva solo come sistema di comunicazione strettamente empirico, parziale tra gli schiavi.
 
" Non riesco a dormire di notte/ Non riesco neppure a mangiare un boccone/
Perché l’uomo che amo/ Non mi ha trattato bene/. Ora sono colma di tristezza/
da quando il mio amore se n’è andato/ Non c’è più tempo da perdere/
Devo riaverlo subito ".
 
A portarlo nel mercato fonografico sono le cosiddette blues-singers Ma Rainey, Bessy Smith la regina, Ida Cox, Clara Smith etc… Abbiamo accennato a Chicago al suo ghetto, i suoi studi di registrazione, al ruolo centrale che avrà nella storia del blues che non solamente conserva il suo status, uguale per il blues a quello di New York per il jazz, ma lo rinforza, e attraverso i suoi musicisti nascerà una forma violenta e disperata chiamata Chicago Blues. Nato dopo la guerra di secessione tra il 1865 il 1870 e con l’abolizione della schiavitù, trova la sua ufficialità nella prima registrazione da parte di Mamy Smith il 14 febbraio 1920 per la casa discografica Okeh. Da qui nacquero i “Race Records” ovvero registrazioni per il mercato dei neri ed è proprio su questi solchi che resterà inciso il miglior jazz degli anni venti.
 
 
 
 
St.Louis blues (1929)

Bessie Smith

Lord! Lord!

Mamie Smith

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